Indice di liquidità primaria: cosa significa e come si calcola
Quando si parla di indice di liquidità primaria si fa riferimento ad un determinato parametro finanziario usato dall’Agenzia delle Entrate per la valutazione dello “stato di salute” di un’impresa.
L’indice in questione corrisponde al livello di liquidità effettiva dell’impresa. Permette, quindi, di valutare la capacità dell’azienda stessa nel rispettare le scadenze – di natura fiscale – a breve termine.
Entrando nel merito dei “tecnicismi”, l’indice di liquidità primaria non è altro che un indicatore esprimente la capacità dell’impresa, in termini percentuali, di fronteggiare i debiti maturati in un periodo precedente. Tutto questo senza che l’impresa stessa debba ricorrere all’uso delle risorse in magazzino.
L’indice di liquidità primaria è anche noto come “indice secco di liquidità”, nonché “Acid Test Ratio” (letteralmente “rapporto di prova acido”) o “Quick Ratio” (“rapporto rapido”).
Sul piano matematico, l’indice citato non è altro che un rapporto – dunque una frazione – con la somma tra le liquidità immediate e differite al numeratore e le passività correnti al denominatore.
Da ciò si può dedurre che il calcolo dell’indice permette di valutare l’effettiva capacità dell’impresa nel coprire le uscite a breve, queste ultime prodotte dalle passività correnti.
Detto ciò, esaminiamo altre peculiarità del parametro in questione.
Il calcolo dell’indice di liquidità primaria
Entrando in un’ottica analitica, si evince che il calcolo dell’indice di liquidità primaria non è altro che un’analisi statica. Non è un caso che quest’ultima venga utilizzata anche per valutare il merito creditizio delle singole imprese.
Già, ma come avviene il calcolo effettivo dell’indice di liquidità primaria?
Il calcolo in questione, come detto, consiste in nient’altro che un rapporto. Quest’ultimo è dato dal totale della liquidità dell’azienda, proveniente da una sommatoria algebrica delle liquidità immediate e di quelle differite, posto a numeratore, e con il denominatore corrispondente al totale delle passività a breve.
Le passività a breve, all’interno dello stato patrimoniale, sono riclassificate tra le cosiddette “passività correnti”.
Ecco, riassunta in estrema sintesi, la formula per il calcolo del Quick Ratio (ossia l’indice di liquidità primaria):
Quick Ratio = liquidità totale / passività correnti
La voce “liquidità totale” fa riferimento alle attività correnti dell’impresa, ossia le disponibilità finanziarie o i crediti operativi da poter riscuotere nei 12 mesi.
La seconda voce, invece, “passività correnti”, fa riferimento ai debiti in scadenza all’interno dei 12 mesi. Nel dettaglio, ci si riferisce sia ai debiti finanziari che ai debiti operativi di regolamento.
Altre considerazioni sull’indice di liquidità primaria
Nel caso in cui il calcolo dell’indice fornisca un risultato pari a uno, l’azienda ha una disponibilità uguale all’ammontare del debito aziendale. Possiede tale liquidità in banca, in cassa o in forma di crediti a breve.
Ciò coincide con una condizione di liquidità generalmente soddisfacente. Ma cosa accade nel caso in cui l’indice sia maggiore di uno?
In questo caso, l’indice comporta una disponibilità superiore al valore dei debiti a breve.
Il terzo e ultimo caso è quello relativo all’eventualità in cui l’indice risulti minore di uno. In questo frangente, l’azienda mostrerà una condizione di insufficienza delle disponibilità, rispetto all’ammontare dei debiti a breve.
Come anticipato in precedenza, l’indice di liquidità primaria è un parametro utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per il monitoraggio dello stato di salute di un’impresa.
A seconda del risultato prodotto dai calcoli, si potrà valutare se l’azienda gode di una situazione economica rosea, stabile o, al contrario, rischiosa.
L’Agenzia delle Entrate potrà stabilire se concedere delle rateizzazioni straordinarie per i debiti che superino i 60.000 euro, il che testimonia l’importanza dell’indice in questione.
Indice di liquidità primaria e secondaria: una distinzione
In ambito finanziario, è bene distinguere adeguatamente i concetti di indice di liquidità primaria e secondaria.
Se il primo, come abbiamo visto, coincide con il rapporto tra la liquidità aziendale totale e le passività correnti, il secondo non è altro che il rapporto tra la somma di attività disponibili e realizzabili e i debiti a breve termine.
Nel caso dell’indice di liquidità secondaria, il numeratore della frazione è occupato dalle suddette attività realizzabili.
Queste sono l’ammontare di merci e materie prime che l’azienda, in caso di vendita di tali materiali, può convertire in denaro.
A livello puramente matematico, nel caso in cui l’indice di liquidità secondaria risulti pari a due, ci si troverà all’interno di una situazione economica soddisfacente.
In linea generale, l’importanza dell’indice di liquidità totale, come già accennato in merito al ruolo dell’Agenzia delle Entrate, è data dal fatto che il suo calcolo permette di valutare con grande efficacia la situazione patrimoniale dell’impresa.
Consente, infatti, una valutazione accurata a proposito dello stato di salute – sul piano economico – dell’azienda.
Gli indici di liquidità all’interno dell’analisi di bilancio
Abbiamo ampiamente discusso in merito all’importanza economica degli indici di liquidità, sia riferendosi alla liquidità primaria che soffermandosi su quella secondaria.
Tuttavia, un’analisi di bilancio che comprenda solo i due indici descritti risulterebbe incompleta. Per avere la certezza di effettuare un calcolo dettagliato, un analista deve tener conto di una serie di altri indici, che permettano di procedere con valutazioni economiche ancor più approfondite.
Tra gli indici utilizzati con maggior frequenza troviamo l’indice di rotazione del magazzino, l’indice del tempo medio d’incasso dei crediti (commerciali) e l’indice del tempo medio di pagamento dei debiti (commerciali).
Alla luce di quanto descritto, si può ben intendere quanto l’indice di liquidità primaria detenga un’importanza assoluta, in termini di bilancio aziendale, purché combinato con gli altri indici esistenti, in modo tale da permettere agli analisti di produrre report aziendali quanto mai dettagliati e approfonditi.